Bonnefantenmuseum

con Umberto Barbieri, Giovanni da Pozzo e Marc Kocher

Maastricht, 1990-1994

Il foyer è il primo spazio che si incontra: caratteristico nella sua forma a cannocchiale. Il cannocchiale è un tipico esempio di “Lichtraum” il cui precedente si può trovare nel “Lichthof” dell’università di Zurigo. … Questo spazio a tutta altezza è colorato con una materia celeste acqua-marina dove la luce e il colore distruggono la stessa materialità che le ha costruite.
Dal foyer si entra direttamente nella parte viva e vivente dell’edificio: a questa vita si accede con timpore e tremore, all’essenza del museo. Difficile, quasi impossibile, è definire quale sia questa essenza; è il museo una raccolta di ricordi della vita? La nostra stessa architettura sospende e rimanda a un giudizio più generale questa domanda. Tuttavia l’essenza del museo resta principio e fine della nostra decadenza culturale.
Ora saliamo la scala.
È inutile ricordare quanto questa scala, ripida e poco agevole, di antica tradizione olandese sia legata al mondo gotico e alle taverne shakespeariane come ai traballanti personaggi di Conrad e di tutti i nordici naufragati nei mari del sud. Di questo mondo abbiamo cercato di rappresentare l’essenza geometrica.
La cupola trova la sua grandiosità in due motivi principali: il primo è il suo legame con la più pura tradizione architettonica dal mondo classico fino al torinese Alessandro Antonelli, il secondo è che essa è il principio e la fine del’Olanda, tra il fiume e il mare un segno altissimo della condizione della topografia olandese.